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L'inverno, alla fine, è arrivato. I meteorologi l'avevano previsto: dopo un autunno insolitamente caldo, la colonnina di mercurio si è velocemente abbassata in tutta la penisola, con l'arrivo della prima neve e dei primi disagi causati dal freddo. Per difendersi dall'ondata di gelo, molti italiani ricorreranno come sempre ai termosifoni, ma è importante conoscere alcune regole fondamentali per non trasformare la caldaia in un potenziale pericolo per la qualità dell'aria, la salute e il portafogli. Per prima cosa, occorre evitare che la temperatura degli ambienti superi una certa soglia.

Mai oltre i 20 gradi, lo dice la legge
La normativa nazionale  fissa a 20 gradi centigradi, con due gradi di tolleranza, la temperatura che non deve essere superata nelle abitazioni, negli uffici, nelle scuole e in tutti gli altri edifici. Fanno eccezione gli immobili in cui si svolgono attività industriali e artigianali (o assimilabili), per i quali il limite è fissato a 18 gradi. Questi valori di temperatura, infatti, sono considerati ottimali, nella stagione invernale, per la vita quotidiana e le attività lavorative dagli esperti internazionali che studiano il cosiddetto “comfort climatico”. Attenzione, quindi, a non superare i valori di temperatura consentiti dalla legge, anche perché l'abuso dei riscaldamenti è tra le cause dell'inquinamento atmosferico che assedia le nostre città, oltre a favorire l'insorgenza di malanni di stagione e altri problemi di salute legati allo sbalzo termico tra interno ed esterno.

Quante ore di accensione?
Fondamentale, inoltre, rispettare i limiti di legge sul numero di ore in cui i termosifoni possono restare in funzione. I decreti 412/93 e 551/99, che disciplinano la materia, suddividono infatti il territorio italiano in sei zone climatiche (dalla A alla F), sulla base delle condizioni medie di temperatura atmosferica, e più precisamente di parametri definiti gradi-giorno. Per ciascuna di queste fasce, la normativa stabilisce dei precisi limiti ai periodi dell'anno in cui è possibile tenere accese le caldaie e al numero di ore in cui i termosifoni possono restare in funzione. Ad esempio, a Catania, che è situata nella fascia B, è possibile attivare i caloriferi dal 1 dicembre al 31 marzo, per non più di otto ore al giorno. Situazione ben diversa a Milano (fascia E, termosifoni accesi dal 15 ottobre al 15 aprile, per massimo14 ore al giorno), o a Trento, che si trova nella zona F per la quale non è prevista alcuna limitazione.

Il ruolo dei Comuni
Le uniche eccezioni a queste norme possono essere stabilite occasionalmente dalle amministrazioni comunali, a cui la legge consente di varare delle ordinanze più permissive in caso di particolari situazioni meteorologiche o, viceversa, restrittive in coincidenza con periodi di grave inquinamento atmosferico. Proprio a causa dell'ultima emergenza smog, ad esempio, diversi Comuni del nord Italia hanno stabilito, nelle scorse settimane, l'abbassamento della temperatura all'interno di case e uffici. Il provvedimento ha riguardato soprattutto località della Lombardia (Mantova, Pavia, Assago, Saronno, Cantù), dopo che il tavolo sul Pm10 promosso dalla Provincia di Milano, dal Comune e da altri sindaci dell'hinterland ha indicato proprio la riduzione delle temperature degli ambienti come una delle misure necessarie per fronteggiare l'emergenza smog.

Buon senso
Far rispettare le restrizioni, comunque, non è facile, soprattutto per quanto riguarda le abitazioni. In teoria, chi viola la legge dovrebbe pagare una multa, ma esercitare un controllo e applicare le sanzioni è un'impresa tutt'altro che semplice. Sta soprattutto al buon senso dei cittadini, allora, non esagerare, ricordando che un eccesso di riscaldamento fa male anche alla salute e, non da ultimo, fa lievitare la bolletta energetica. Da non trascurare, infine, l'isolamento degli edifici: a parità di temperatura dell'aria, la presenza di superfici fredde come finestre o porte male isolate peggiora il comfort climatico, facendo percepire una temperatura più bassa di quella che c'è in realtà.

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